La Suprema Corte di Cassazione Penale, sezione I, con la sentenza n° 24670 del 21.06.2012 ritiene non essere configurabile il reato di molestia o disturbo alle persone di cui all’art. 660 c.p. poiché “per integrare la contravvenzione prevista e punita dall’articolo 660 Codice Penale, devono sussistere l’elemento immateriale – o psichico – del turbamento del soggetto passivo, ed alternativamente gli ulteriori elementi circostanziali della condotta del soggetto attivo, contemplati dalla norma incriminatrice: la pubblicità (o l’apertura al pubblico) del teatro dell’azione ovvero l’utilizzazione del telefono come mezzo del reato. La norma in esame, quindi, non può essere applicata alla comunicazione telematica per la diversità del mezzo utilizzato e per l’assenza del carattere invasivo”.
Chiamata a pronunciarsi su fatti che necessitano di chiara applicazione interpretativa delle Leggi vigenti nel corrente ordinamento, stante l’assenza di specifiche previsioni che vadano ad analizzare e punire specificamente reati commessi con il mezzo delle nuove tecnologie, la Corte di Cassazione dopo aver analizzato la tipologia di servizio offerto dai moderni mezzi di comunicazione diretta fra utenti (dal più noto MSN ai vari neo-arrivati Whatsapp e similari), ha pubblicato sentenza che esclude l’applicabilità del reato di cui all’art. 660 c.p. in caso di comunicazione diretta fra utenti: a differenza della tradizionale comunicazione a mezzo del telefono, infatti, la messaggeria istantanea non presenta quelle caratteristiche di invasività previste dalla norma, poiché il destinatario di messaggi non desiderati da un determinato utente può evitarne agevolmente la ricezione (per esempio bloccando il mittente inserendolo in “black-list”) senza compromettere, in alcun modo, la propria libertà di comunicazione.
Di certo tale soluzione lascia aperta la porta a molte contestazioni relative alla diversa natura dei vari servizi di messaggistica istantanea, non potendo valere per servizi diversi da MSN quelle regole generali di “necessità di autorizzazione del contatto” che valgono per i più classici sistemi di comunicazione online (Skype, MSN, iChat).
Per un ottimo commento a firma di Michele Iaselli e per la massima ed il testo integrale della sentenza, si veda ALTALEX
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