Con la sentenza n. 42352 del 30.10.2012 la Sez. II della Corte di Cassazione Penale ha enunciato una interessantissima massima secondo cui “è sanzionabile penalmente la condotta del datore di lavoro che ponga i dipendenti nell’alternativa di accettare di lavorare dietro retribuzione inferiore ai minimi di legge, o di chiedere le dimissioni, rientrando, tale comportamento, nella nozione di minaccia in senso lato, elemento costitutivo del delitto di cui all’art. 629 c.p.“
Il comportamento del datore di lavoro che mette il lavoratore davanti alla scelta obbligata tra il lavorare secondo condizioni retributive inferiori al minimo di Legge ed il (seppur indiretto) licenziamento integra secondo la Corte di Cassazione tutti gli elementi del reato di estorsione, previsto e punito dall’art. 629 c.p.
La minaccia prospettata al lavoratore, infatti, pur non essendo esplicita e manifesta nella sua essenza, non lasciava alternativa allo stesso fra l’accettare passivamente le richieste illegittime del datore di lavoro o subire il male minacciato (dimissioni): la minaccia integrante il delitto di estorsione può del resto essere anche non palese e diretta e finanche non escludere del tutto la volontà della vittima, purché in virtù di tale minaccia la capacità di determinarsi della persona offesa sia condizionata in maniera più o meno grave dal timore di subire il male minacciato e prospettato.
Per un ottimo articolo di commento a firma di Simone Marani e per massima e testo integrale della sentenza si veda ALTALEX
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